Inquinamento a Torino: riusciremo a riveder le stelle?

Categorie Ecologia e Sostenibilità

Il capoluogo piemontese negli ultimi 10 anni è stato più volte maglia nera d’Italia per inquinamento da Pm10. Ma spesso viene semplicemente additato per questo e non si spendono due righe in più per spiegarne le cause e l’impegno speso nel tempo per ridurre il problema.

Lo scorso weekend siamo tornati a Torino, la nostra città natale (qui la nostra storia), dopo mesi che gli spostamenti tra Liguria e Piemonte erano vietati se non per lavoro. Immancabilmente, arrivati alla barriera di Carmagnola abbiamo subito notato il cappello d’inquinamento che staziona ormai per buona parte dell’anno sul capoluogo. E’ una linea netta che divide l’agglomerato urbano dalle campagne attorno, sebbene la cappa sia presente anche su di queste, ma in maniera meno evidente.

L’inquinamento dell’aria che attanaglia la città sabauda è stato uno dei principali motivi che due anni fa ci ha spinto al trasferimento verso la riviera: io soffro di un leggero asma, che in certi periodi dell’anno peggiora particolarmente, e i nostri 3 bambini da quando sono nati non hanno mai passato più di due settimane senza avere naso chiuso o leggeri problemi respiratori (non intesi come patologia ma come canali ostruiti). Ogni settimana la farmacia era tappa fissa per acquistare soluzione fisiologica, e poi una volta a casa via di pompetta per cercare di liberare il nasino dei nostri piccoli.

Inutile dire che da quando viviamo al mare la qualità della nostra vita dal punto di vista della salute è migliorata radicalmente: io non ho più le mie crisi asmatiche, i miei figli respirano a pieni polmoni tutto l’anno e le farmacie sono diventate un elemento marginale della nostra vita.

Ma d’altra parte, i dati parlano chiaro: Legambiente ogni anno stila la classifica delle città con l’aria più inquinata in Italia, e purtroppo dal 2010 al 2019 Torino è stata in testa a questa triste classifica per ben sette volte. In 1086 giorni, quindi quasi un terzo di quelli complessivi presi in esame, i valori di Pm10 sono stati superiori al limite consentito. E leggendo i giornali o guardando la televisione, spesso si sente parlare di Torino come maglia nera della nazione. In realtà il discorso è un po più ampio di così, e forse bisognerebbe spiegare meglio il perché di questa situazione.

Sicuramente l’inquinamento prodotto dalle emissioni locali incide non poco, ma bisogna allargare lo sguardo a tutta la Pianura Padana per avere il quadro completo: se infatti consideriamo tutta questa zona che va dall’Adriatico fino alle Alpi come un’unica regione geografica, ci rendiamo subito conto di come Torino ne sia il fondo, e di come le nostre montagne purtroppo svolgano una funzione di barriera oltre al quale lo smog non riesce ad andare. In definitiva qui si concentra non solo l’inquinamento prodotto in loco, ma buona parte di quello prodotto in tutta la pianura. E questo non lo dico io, ma numerosi studi effettuati sul fenomeno, a cominciare da quelli del Politecnico di Torino.

Altro fattore decisivo per la quantità di inquinante che si trova nell’aria è il clima: una volta gli autunni e gli inverni erano più piovosi, e la pioggia insieme al vento sono i due elementi che aiutano maggiormente ad abbattere le polveri sottili. Negli ultimi anni le precipitazioni sono diminuite drasticamente e solo il vento ha evitato concentrazioni di Pm10 superiori.

Cappa di inquinamento su Torino
Cappa di smog sulla città

Trend in calo e investimenti per il futuro.

Ma cosa si può fare per ridurre progressivamente questo problema, anche alla luce del fatto che sia l’Italia che il Piemonte sono sottoposti a procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea a causa dell’inquinamento presente nell’aria su Torino?

Innanzitutto va detto che la situazione è già in miglioramento da parecchi anni: come si evince dai dati pubblicati sul sito che si occupa dello stato di salute dell’ambiente in Piemonte (relazione.ambiente.piemonte.it), gli ultimi 20 anni mettono in evidenza a livello regionale una diminuzione complessiva del valore medio annuale di concentrazione di Pm10 nell’aria. E nonostante l’area urbana di Torino rimanga la più critica, anche qui il trend è comunque in miglioramento: se infatti prendiamo in esempio la stazione di rilevamento di Torino-Consolata, posta quindi in centro città, notiamo che negli ultimi 20 anni il valore annuale di concentrazione è diminuito del 50%, mentre più in generale sia nel 2019 che nel 2018 il valore limite della media annuale non è stato superato in nessuna stazione.

Come per la media annuale, poi, anche i dati di superamento del limite giornaliero denotano un trend positivo sempre prendendo in esame gli ultimi vent’anni: nel 2019 nelle stazioni urbane si è registrata una diminuzione di circa tre volte del numero di giorni in cui i valori limite sono stati superati rispetto ai primi anni 2000. E sempre prendendo in esempio la stazione di Torino-Consolata i superamenti sono passati da 214 nel 2000 a 45 nel 2019. Va detto che sopratutto a livello giornaliero e sopratutto a Torino la situazione è comunque ancora preoccupante, in quanto il limite massimo imposto dall’Europa è di 35 superamenti giornalieri e nessuna delle stazioni cittadine è riuscita a stare sotto a questo valore, se non un paio di quelle poste ai limiti dell’agglomerato urbano.

Questo progressivo miglioramento si deve a diversi fattori, in particolare alla riduzione delle emissioni industriali e a quelle da riscaldamento, e all’evoluzione della tecnologia nei motori dei mezzi di trasporto, sia privati che del trasporto pubblico. A questo proposito va detto che la GTT, ovvero l’azienda di trasporti pubblici cittadina, prevede di avere entro il 2022 metà della flotta spinta da propulsione elettrica o a metano e il 56% entro il 2023.

Toret (fontana tipica di Torino)
Toret

Ma la città si sta muovendo su più fronti: è stato fatto un piano di ulteriore ammodernamento degli impianti di riscaldamento, che dovrà essere portato avanti di pari passo con la ristrutturazione dei palazzi in modo tale da ridurre la dispersione di calore ed energia; negli ultimi anni è stata potenziata la rete di piste ciclabili e si è investito parecchio su mezzi di trasporto alternativi, come il noleggio di biciclette e monopattini. La Regione poi conta di stanziare 8 milioni di euro da utilizzare come incentivi per la sostituzione di auto private, anche se l’ammodernamento del parco macchine da parte dei cittadini è già iniziato in maniera indipendente da qualche anno: i dati di Federauto ci dicono che 10 anni fa si vendevano il 65% di auto diesel, mentre oggi siamo scesi al 15% e la scelta ricade sempre più spesso verso auto ibride o elettriche.

In ultimo, per tornare al discorso iniziale che vede la Pianura Padana come un’unica grande area geografica interessata da un problema comune, importante è sottolineare l’impegno coordinato messo in campo da tutte le Regioni che ne fanno parte: nel 2017 è entrato in vigore l’accordo tra le Regioni del Bacino Padano che si pone come obiettivo quello di migliorare la qualità dell’aria e contenere l’inquinamento. In questo contesto è stato istituito anche il semaforo anti-smog, che si accende ogni volta che per più giorni consecutivi il Pm10 supera il livello critico, facendo così scattare i divieti di circolazione per le automobili in base alla classe emissiva e al tipo di combustibile.

Ma anche qui il Piemonte ha fatto un ulteriore passo avanti, per rispondere alle sollecitazioni dell’Europa: da marzo 2021 il semaforo non si accende più in base alle rilevazioni dei giorni precedenti, ma in base alle previsioni meteorologiche e ai bollettini previsionali degli inquinanti. Senza contare che le misure restrittive anti-smog adesso coinvolgono più comuni rispetto a prima: 76 anziché 30 per quanto riguarda i provvedimenti sul traffico, e circa 950 quelli interessati invece da misure di riduzione della temperatura degli impianti di riscaldamento.

centro di Torino
Centro di Torino

Cosa vogliamo dire quindi con questo articolo? Vogliamo dire che Torino è una città che negli ultimi 20 anni ha subito una trasformazione profonda, in particolar modo dovuta al progressivo dislocamento della produzione industriale che la caratterizzava, in parte verso l’estero in parte verso altre zone del territorio nazionale, è una città dove ancora molto va fatto ma che sotto alcuni punti di vista sicuramente ha già fatto di più rispetto a tante altre; rimane una delle città più belle a livello architettonico ed artistico sia in Italia che in Europa, con una storia unica nel suo genere, che vale la pena visitare e che spesso non merita di stare in prima pagina solo per le cattive notizie.

Vi invitiamo quindi a viverla come turisti e ad averne cura come cittadini, partecipando attivamente alla trasformazione che sta tutt’oggi vivendo, in modo tale da lasciare alle generazioni future una città sempre più europea, vivibile, pulita ed organizzata, e rendendola una vetrina per l’Italia intera.

Grazie per aver letto il nostro articolo, se l’hai trovato interessante ti invitiamo a condividerlo sui tuoi canali social e venirci a seguire su Instagram e Facebook per rimanere sempre aggiornat*.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *